GAZZETTA DI MANTOVA 4 febbraio 2011
46Per chi non lo conosce, sara una rivelazione, per chi invece lo ha gia sentito, un’occasione per immergersi di nuovo nelle sonorita medievali rievocate dall’arpa celtica, dalla chitarra rinascimentale e dalla voce. Il protagonista e Valerio Mauro che domani sara ospite in via Oberdan al Teatro delle Arti di Mantova con “Rinascita, omaggio alle Arti”. La performance sara condotta insieme a Elisa Goldoni (accordeon, voce ed effetti sonori) e Gianmarco Mauro (basso elettrico e chitarra a 12 corde). Nato in Austria e formatosi coi maestri William Clemens, dell’Accademia di Manchester, e Christof Thomas, della scuola germanica, Valerio Mauro e compositore, poeta, musico versatile e creativo. Dodici gli strumenti che suona abitualmente tra cui l’arpa irlandese bardica e gotica, salterio, dulcimer, cetra, chitarra moderna e rinascimentale, flauti con varie tecniche e armonica; dal sanscrito, al latino fino anche all’antico fiammingo sono le lingue in cui Valerio capita che scriva e interpreti i testi delle sue canzoni. Il mondo suggestivo che ne deriva e una fusione tra celtico, mediterraneo, e il piu intimo oriente. Lo spettacolo e alle 21,30 ma il teatro aprira al pubblico gia dalle 20,30. A cura di Elena Caracciolo

SERMIDIANAMAGAZINE Anno 30 2008 Settembre 2010
VALERIO MAURO – Il pizzico armonioso

Vive nel mantovano a San Benedetto Po, ma nasce a Linz in Austria, in un ambiente familiare molto stimolante. La madre e pianista e il padre medico, ma sara fra le montagne dell’Alto Adige che vivra la sua infanzia. E’ positivamente influenzato da questi luoghi suggestivi, dove la neve, componente paesaggistica malinconica, e fonte di grande ispirazione, come tutti gli elementi naturali. Da sempre dedito alla musica, considerato un enfant prodige se si pensa che a soli sette anni compone brani per pianoforte. Dagli anni Ottanta inizia ad eseguire musiche dell’antico repertorio celtico facendosi apprezzare come compositore poliedrico e creativo poeta, suonando dodici strumenti musicali diversi. – Si ritiene un fattorino della musica: “Chi ha il dono della musica, deve considerarsi un portavoce, un messaggero, un tramite che comunica alla gente, nient’altro che con quello che gli e stato affidato. Dalla visione del mondo si elabora il pensiero, la poesia. La poesia puo essere tradotta in note come in parola. La musica e una grande “medicina”, perche al mondo e un continuo superare barriere di spine, giorno dopo giorno per tutti noi, per cui e molto salutare”. Occhiali tondi, un paio di baffi fini neri e vestito di lino bianco con camicia di tradizione indiana, Valerio sa condurre l’ascoltatore in un magico momento, utilizzando la voce che si mescola al suono armonioso dell’arpa celtica, di modello irlandese del 1830. “Questa musica dell’anima trasmette purezza che eleva e appaga, e tocca in profondita. Chi l’ascolta puo trattenerla con se una sera, un giorno, una vita”.

Qualche piccolo cenno storico sull’arpa irlandese? L’arpa irlandese e la prima ad apparire in Europa prima dell’anno Mille, quindi in epoca di alto medioevo europeo, e questa che vedi e l’Arpa di Tara, di John Egan. Citta leggendaria d’Irlanda, fu sua capitale prima di Dublino, e proprio a Tara avvenne si ottenne l’Indipendenza dall’occupazione anglo-normanna. Le piu importanti differenze fra questa arpa e i modelli d’arpa classici sono nella colonna non diritta ma ad arco, ed e priva di pedali per l’alterazione delle note. – Qual e il significato del titolo del tuo sito internet “Le spiagge della mente”? Ha piu di un significato. Io non faccio musica per divertirmi, per me comporre e come un parto. Scrivo musiche e testi spesso di notte, pur dormendo ho dei momenti in cui mi sveglio, accendo la candela e sento il bisogno di stendere su carta. Tutto nasce da una sensazione che cresce coi giorni a seguire, a volte accompagnata da lacrime di commozione. L’arte non sarebbe in crisi, perche e un concetto astratto, ma e in crisi l’umanita che sta correndo il rischio di desensibilizzarsi di fronte alla purezza interiore che noi tutti esseri umani dovremmo conservare gelosamente. L’uomo si sta abituando a tutto cio che sta uccidendo la nobilta d’animo, non sa piu godere della vera e pura gioia per le piccole cose. Allora prendete uno strumento e imparate a suonarlo! La cosa piu difficile da ottenere e il ritorno alla semplicita, per custodirci dentro. Non solo chi compone la musica ha animo artistico, ma anche chi l’ascolta, vuol dire che c’e un richiamo dentro di noi. – C’e molto studio e qualita nelle tue composizioni, come definirla?
Ho sempre ritenuto molto affascinante la storia della musica, degli strumenti, anche sotto l’aspetto antropologico, e la storia dei popoli, delle nostre radici. Prima di suonare l’arpa irlandese, suonavo la cetra a 74 corde in metallo dal suono dolcissimo, penetrante, che se la si suona in una piazza la si ode anche nelle vie vicine. L’evoluzione musicale, le radici della musica che noi oggi conosciamo ha influenze soprattutto greche. Quando si parla di poemi ossianici, essi appartengono alla grande mitologia celtica e sono spesso attinenti al dramma universale, come nella tragedia greca, in questo caso trattano il tema dell’umana precarieta e il mistero della morte. Alcuni brani che ho composto sono cantati in lingua fiamminga, in latino e in sanscrito, antica lingua letteraria dell’India. – Per cantare in tutte queste lingue avrai vissuto in questi luoghi da girovago? Purtroppo la parola “girovago” ha un significato in genere negativo, mentre io la valuto nella chiave romantica del termine. Immagino il vissuto di un individuo che gira per crescere, conoscere, per capire la gente e il proprio pianeta progredendo in amore per il prossimo, e allora buon vagabondaggio! – Perche hai scelto come strumento musicale l’arpa? I miei genitori mi raccontano che fin da piccino ne ero incantato. Amo molto il canto che per me e lo strumento principale, ogni altra strumentazione di studio e un ausilio per il canto. La mia musica la definirei un tentativo, un’opportunita per trasmettere un po’ di umanita, d’amore, di dolcezza ai miei simili, ecco perche ho scelto l’arpa, ci vuole qualcosa che dia emozione dentro, che accarezzi, che lenisca.
Il sottofondo musicale dell’arpa accompagna l’incontro fra la poesia e il canto, e un peccato non conoscerlo. – Hai scritto anche dei libri? Ho scritto ultimamente un altro libro di riflessioni in chiave poetica: “Dalla grotta” edito da Sometti. Con la mia arpa di nome “Angelica”, mi ritiro su alture, in grotte, in monasteri, ritorno alle origini, per trovare pace attraverso la meditazione, che mi permette una riflessione piu attenta e precisa sulla mia vita, dalla quale possono scaturire delle domande, che utilizzo per arricchire la mia creativita, in raccoglimento, cercando delle sagge risposte.

– A cura di Cristiana Zerbini

LA VOCE DI MANTOVA 27 giugno 2010
Compositore, suonatore eccellente di arpa celtica, austriaco di nascita ora cittadino di San Benedetto. Valerio, il musicista anticonformista. Personaggio dolcissimo e affascinante, e nato a Linz Donau in Austria, nel 1964, e da alcuni anni si trova a San Benedetto Po. Ha iniziato lo studio della musica da piccolo, all’eta di appena quattro anni. Simpatico, anticonformista, fuori dagli schemi, sottile estimatore del pensiero del poeta libanese Kahlil Gibran, coglie il senso tanto del pessimismo cosmico di Leopardi quanto l’amena ironia di Trilussa. Ha realizzato diversi cd di personali composizioni, e da anni e socio della Societa Italiana Autori ed Editori, dove ha in deposito numerose composizioni che sono state apprezzate da personalita di indiscussa fama nell’ambito artistico, tra cui il critico musicale RAI Michael Pergolani, la cantautrice Carmen Consoli i molti ancora. Oltre a cantare suona moltissimi strumenti. Valerio Mauro e anche l’autore di un prezioso libro intitolato “Dalla grotta: visioni poetiche di un suonatore d’arpa”, un volume scritto per trovare la pace ed il conforto. -Come e nata la tua passione per l’arpa, antico e affascinante strumento musicale?
Mia madre era una pianista, una donna straordinaria, vitale e sensibile, che ha trasmesso ai suoi figli l’amore per la musica, la sensibilita di riconoscere la “forza” immensa che una composizione musicale puu regalare, anche nei momenti piu difficili e cupi della vita. Per la nostra famiglia la musica, in particolare quella classica, ha rappresentato un’esigenza vitale, unica, necessaria. E’ pace perfetta. L’arpa e uno strumento angelico, “lenitivo”, e il suo suono melodioso e un riflesso dell’anima; il suo suono incanta. E’ musicoterapia. Sono sempre stato attratto da questo antico strumento, e vent’anni fa un liutaio ha realizzato per me la prima arpa “su misura”. L’arpa non puo essere suonata per vanita o per puro esibizionismo. E’ tra gli strumenti antichi uno dei piu completi, perche permette di eseguire insieme sia le melodie, sia l’accompagnamento. -Chi ha contribuito alla tua formazione artistica? Hanno contribuito William Clemens di Manchester, Christof Thomas che negli anni ’80 si trovava temporaneamente in Italia e gli studi compiuti a Cremona alla Scuola di Paleografia e Filologia Musicale dell’Universita di Pavia.
-Tu sei anche un compositore. Nel 2001 ho vinto una borsa di studio indetta dall’autore Mogol e ho compiuto un corso di alto perfezionamento come compositore di musica contemporanea presso il CET di Toscolano Umbro. Da allora ho avuto collaborazioni con i docenti del succitato centro come arpista, per esempio ad un supporto curato da Detto Mariano, l’autore di molti brani interpretati da Mina, o piu recentemente ad un progetto editoriale di carattere poetico-musicale realizzato con la poetessa Nuccia Farina, e presentato da Maria Cazzavillani Muti, direttore del noto Festival di Ravenna, e moglie del direttore d’orchestra Riccardo Muti. -Quali sono i tuoi prossimi impegni? Dal 1982 partecipo all’affascinante attivita dell’Artis Itineris, esibendomi in festivals promossi in molte citta italiane ed europee. Domani sera, alle 19, si terra un mio concerto d’arpa celtica nella splendida cornice del parco della sede estiva del Teatro Scientifico “Ezio Maria Caserta”, a Verona. In anteprima proporro alcuni brani tratti dal nuovo album curato da Philip Lui, pianista di Lucio Dalla. -Quali sono le caratteristiche dell’arpa celtica? L’arpa celtica e uno strumento a corda diffuso particolarmente tra il Medioevo e il
XVII secolo, sia in accompagnamento alla voce o di altri strumenti solisti, sia come solista essa stessa. Presso i Celti era considerata un dono degli dei: l’espressione musicale dell’arpa rappresentava, esotericamente parlando, un vero e proprio “ponte” tra l’umano e il divino. L’arpa celtica puo, al pari dell’arpa classica settecentesca, essere provvista di corde in budello, va pero ricordato che al tempo dei bardi le prime arpe avevano corde in bronzo, o comunque in metallo, ed anche con simili corde il suono prodotto era molto dolce. -L’animale che spesso veniva associato all’arpa era il cigno. Perche? Nell’iconografia dell’arpa irlandese l’arpa e uno strumento associabile a questo animale, in quanto simbolo del passaggio tra la vita e l’oblio. Nella mitologia celtica, non solo i nobili e i sovrani, ma anche i druidi disponevano di un proprio arpista che li assisteva, e cio rappresentava per loro una fonte molto preziosa.
 A cura di Federica Lonati
IL POSTINO DELLA MUSICA FA L’ARTIGIANO DELLE NOTE

“Ho imparato a guardare il cielo stellato e mi si è aperto un mondo”

Non è di questo pianeta. Sembra proprio che appartenga a un altro mondo, quel mondo che sarebbe bello che ci fosse ma che purtroppo non c’è, e chissà se ci sarà mai. E’ un puro. E crede, crede fermamente in ciò che fa. Valerio è in partenza per Pantelleria. Fa parte della scuola di Mogol, e lì terrà dei corsi musicali. Da anni compone le musiche per gli spettacoli messi in scena dal “Teatro Laboratorio Ezio Maria Caserta”. Suona l’arpa. Celtica. E suona anche il bansoori, un antichissimo flauto indiano. E anche le tastiere, la cetra, la chitarra folk, il corno … e tanti, tanti altri strumenti, tutti insoliti, tutti “strani”.

Quanti, in tutto?    

Dodici, ma l’unico strumento veramente importante, per me è la voce. Tutti sono in realtà pretesti per poter comunicare emozioni e positività.

E quando ha avuto inizio questa meraviglia?

Il caso mi ha voluto concedere una madre pianista. Fu lei che scoprì che ero già in grado, a soli quattro anni, di elaborare e comporre le mie prime armonie.

Quasi come Mozart.

Non esageriamo. Mi considero un artigiano, un artigiano della musica.

Già, la musica. Come la definirebbe, la sua?

Le etichette credo siano fortemente limitative. A questa domanda preferirei rispondere col silenzio facendo parlare solo la musica.

E cosa direbbe, secondo lei?

Di lasciarsi andare, respirarla. Direbbe anche di non porsi tante domande, perché è il respiro già risposta.

La sua maggiore soddisfazione?

Vedere la gente, dopo ogni concerto, andare via sintonizzata, positiva e serena con se stessa.

E la delusione più grande?

Sapere che così facilmente e rapidamente si torna fagocitati dall’estenuante vortice in cui sta vivendo l’intera umanità.

Sua madre probabilmente si aspettava un nuovo Chopin: chi le ha messo invece l’arpa in mano?

L’arpa è stata una mia scelta, un’attrazione fin da bambino. L’assimilazione poi dell’ammaliante stile celtico è dovuto ad un pregevole incontro che ebbi nei primi anni ’80 durante il mio più lungo viaggio durato anni, in cerca di nuovi spazi, soprattutto mentali. Si chiamava Christof Thomas, di West Berlino. Suonava il violino, quel particolare violino, il fiddle, tipico in Irlanda, che ha contribuito alla diffusione della musica di quelle terre.

Cosa le ha insegnato?

Suonando, a guardare il cielo stellato. L’ho guardato davvero. E mi si è aperto un mondo.

Ho parlato con alcune persone che mi hanno detto di aver ascoltato il suo cd “Riflessi sull’Acqua”. E di esserne rimasti piacevolmente sorpresi.

Ah sì? E mi tolga una curiosità, quale brano è stato più apprezzato da queste persone?

“Riflessi sull’Acqua”, in cui lei fa parlare la luna.

Certo è molto suggestivo.

Collabora ancora con quel violinista tedesco?

Ci siamo salutati poeticamente, tanti anni fa. Lui, dalla nave che si allontanava sempre più, suonava il suo violino e io, dal molo, gli rispondevo con la mia chitarra fra gli applausi della gente giù al porto. Finché la nave è diventata piccola ed è scomparsa all’orizzonte.

Vi siete più rivisti?

Mai più. A volte, prima di un concerto mi appare alla memoria e mi sorride.

(“Il Verona” 5 Ottobre 2006    giornalista: Pucci Davoli)

L'Arena ~ 22 luglio 2002
dOggi alle 21.15 nella cornice del chiostro di San Giorgio in Braida per la rassegna «Incontri di una sera d’estate», quarto appuntamento con «Litora Mentis» di Valerio Mauro. Il concerto, dal titolo già di per sé significativo, è ricavato anche dai quattro anni di colonne sonore che l’artista, austriaco di nascita, ma ormai veronese d’adozione, ha composto per il Teatro Scientifico ~ Teatro Laboratorio, con cui da anni collabora. Alcuni canti sono espressi in antiche lingue come ad esempio la lingua latina e l’antica lingua fiamminga. Questo menestrello contemporaneo, entfant prodige se si pensa che a sette anni già componeva brani per pianoforte, già dagli anni ´80 ha fatto amare al pubblico musiche dell´antico repertorio celtico, quando solo una ristretta élite conosceva questa musica. Il mondo suggestivo che Valerio sa ricreare nasce da una fusione tra celtico, mediterraneo, in alcuni momenti orientaleggiante, è giocato su di una ricca gamma di preziosità sonore, ma resta privo di superflue leziosità. Collaborano al concerto artisti già noti nel panorama musicale veronese e non solo: Enrico Reffato (flicorno, tromba), Massimo Rubolotta (multipercussioni), Gianmarco Mauro (basso), Corrado Slemer (chitarra classica), Matteo Favalli (tastiere), Denis Cavallini (corno francese), Silvana Manfrini (vocalist), Giovanni Ferro (chitarra semiacustica), Roberto Bonomi (flauto traverso, ottavino), Oscar D’Offria (armonica), oltre naturalmente a Valerio Mauro (voce, arpa, celtica, chitarra, bansoori, bombarda). Enrico Reffato, reduce dal grave incidente di un anno fa che gli ha procurato un coma profondo per due mesi, ritorna con questo concerto sulla scena veronese. Tecnico luci Fabiana Mantovanelli. Tecnici del suono White Noise Studio.
L'Arena ~ 15 agosto 2001
L’umidità dell’Adige che compromette l’accordatura degli strumenti non scoraggia il polistrumentista Valerio Mauro durante il suo concerto nel Chiostro di San Giorgio in Braida. L’esibizione dell’ensemble guidato da Mauro fa parte degli «Incontri di una sera d’estate», organizzati sul lungadige San Giorgio dal Teatro Scientifico, in collaborazione con la sezione Veneto dell’Anlaids e il patrocinio del Comune, dell’Assessorato alla Cultura e della 1ª Circoscrizione. Gremito di spettatori attenti, il chiostro è di notevole suggestione architettonica ma soprattutto acustica, particolare di non poco peso nel fascino della musica di Mauro e del suo gruppo. L’apertura delle serate mette in evidenza la versatilità del musicista di Linz, ormai veronese d’adozione. Vestito di lino bianco, la chitarra acustica imbracciata con passione, Mauro canta a voce spiegata…. Il suo falsetto sfiora in certi momenti la pulizia di una corda pizzicata o il fluttuare dell’asta di un theremin, in un modo che va da Branduardi a Lorena McKennit. E proprio le influenze che stanno alla base della ricerca della musicista canadese sono evidenti nel secondo brano del concerto di Mauro. Il cantato è in sanscrito, sostenuto da percussioni di sapore indiano (Dusan Davoli) e da un basso elettrico dalle note ricercate (Gianmarco Mauro), con l’arpa celtica di Valerio Mauro che detta il ritmo, tra ripetizioni delle strofe e il perseguimento di un effetto ipnotico. Una bella sorpresa, ascoltare una sintesi musicale così riuscita e conclusa, in un luogo raccolto come il chiostro di una chiesa… di estrema ricercatezza nella musica. Il mondo suggestivo di Mauro, circoscritto al suo ambito musicale, cattura con arrangiamenti e trame strumentali davvero efficaci. «È andata molto bene perché poteva piovere, e invece… », dice l’arpista verso la fine del concerto. «È andata bene perché voi siete bravi!», lo corregge una voce dal pubblico, sempre prodigo di applausi.
L'Arena ~ 6 agosto 2001
bStasera nel Chiostro di San Giorgio in Braida, alle 21.15, per la rassegna «Incontri di una sera d’estate», il Teatro Scientifico in collaborazione con l’Anlaids, sezione Veneto, propone il sesto appuntamento con «Riflessi sull’acqua», un concerto di Valerio Mauro con la sua arpa celtica. Valerio Mauro, nativo di Linz, ha attualmente la sua base a Verona. Da sempre dedito alla musica, entfant prodige se si pensa che a sette anni già componeva brani per pianoforte, vissuto in un ambiente familiare ricco di stimoli (la madre pianista lo ha avviato alla musica all’età di quattro anni), si è formato col maestro William Clemens all’Accademia Musicale di Manchester prima e alla scuola Germanica del maestro Christof Thomas poi. È anche cantante e artista figurativo e plastico. Già dagli anni ’80, quando la musica celtica in Italia era conosciuta solo in una ristretta élite, ha cominciato ad eseguire musiche dell’antico repertorio celtico e si è fatto apprezzare anche come compositore, poeta, musico versatile e creativo (suona dodici strumenti musicali). La caratteristica della sua musica (una fusione tra celtico, mediterraneo, in alcuni momenti orientaleggiante, alcuni testi sono cantati in antico sanscrito), pur giocata su una ricca gamma di preziosità sonore, sta nel linguaggio semplice e spontaneo, privo di angolosità e di superflue leziosità, che trasmette un clima sereno e gioiosamente vitale. Ha tenuto vari concerti e ha da poco realizzato un CD intitolato «Spiagge della mente». Con «Riflessi sull’acqua» Valerio Mauro si propone al pubblico veronese con vari brani contenuti nel nuovo cd che porta il titolo omonimo. Nel corso del concerto canterà, suonerà l’arpa celtica di modello irlandese «John Egan» e si accompagnerà con vari altri strumenti (chitarra, bansoori, flauto traverso indiano). Gli saranno accanto Errico Pavese (chitarra classica), Daniele Spada (violoncello), Gianmarco Mauro (basso e chitarra), Riccardo Coelati Rama (contrabbasso), Emmanuele Zanfretta (oboe e musette francese), Dusan Davoli (multipercussioni e chitarra), Riccardo Furlato (corno francese). Tecnici del suono Alberto Martari e Martino Cona. Tecnico delle luci Nicola Fasoli. L’incasso della serata (biglietto d’ingresso £.10.000) sarà completamente devoluto all’Anlaids.
L'Arena ~ 11 febbraio 1998
Questo fine settimana (stasera alle 21 e domani alle 17) il Teatro/Laboratorio presenta «Monologo a due». «Monologo a due» è fondamentalmente un concerto. Chi si aspetta della prosa potrà rimanere deluso e forse anche chi si aspetta un concerto, perché quello che si vorrebbe offrire è un «teatro musicato in poesia». Fra un brano musicale e l’altro è stata inserita una presentazione in forma poetica come se facesse parte del brano stesso. È un susseguirsi continuo di riflessioni su temi di tipo introspettivo quali l’incomunicabilità, l’amore, la pace, la solitudine… alternate a monologhi, di tipo contemplativo, bizzarri e apparentemente senza senso. Il progetto originale è nato dal cammino solitario di Valerio Mauro, al quale spetta la quasi totalità delle composizioni, e dal suo incontro con D.C.*, che ha arricchito l’intera rappresentazione. Valerio Mauro è all’arpa celtica, chitarra, cetra, voce, bansoori e testi; D.C.* alle multi-percussioni etniche e testi. Alcune composizioni musicali verranno recitate in antico sanscrito. Alle rappresentazioni saranno presenti ospiti già noti sulla scena musicale veronese classica e non: Daniele Spada al violoncello, Gianmarco Mauro al basso, Errico Pavese alla chitarra classica ed altri eventuali ospiti a sorpresa.
per motivi religiosi desidera che il suo nome non venga menzionato

La Cronaca ~ 11 febbraio 1998
Monologo a due, gruppo/progetto di Valerio Mauro (classe ’64) e D.C.* (classe ’75) si presenta all’insegna della sperimentazione, spaziando in un repertorio che rimanda alla musica tantrica indiana come agli stilemi di canto della Scuola Genovese (che annovera tra le sue file alcuni tra i più celebri cantautori italiani degli ultimi trent’anni), passando attraverso gighe celtiche e il linguaggio del folk nordico. Il risultato finale è volutamente anacronistico, mancando consapevolmente la grande corrente musicale elettronica di fine millennio e favorendo invece mescolanze ritmiche che il duo cerca di armonizzare in una personale visione sonora. Il trait d’union dello spettacolo allestito il 17 gennaio al Teatro Laboratorio è un monologo dal sapore psichedelico che evoca immagini e sogni ad occhi aperti legati alle personali esperienze di viaggio di Mauro. Gli interventi recitati sono completati dallo splendido canto di Valerio, che con la propria voce sa caricare gli animi degli spettatori di energie vivificatrici, e dalla bravura di tutti i musicisti: dalle percussioni (D.C.*) a un sentito duo di violoncelli (Daniele Spada e Elisa Frausin) al bravissimo Errico Pavese alla chitarra acustica e Gianmarco Mauro al basso, che ritroveremo prossimamente insieme nell’altro progetto di Mauro, Le Spiagge Della Mente. La presenza scenica di Valerio, eclettico polistrumentista, è indiscutibile. Presto incideranno il primo CD, un ulteriore passo avanti di un progetto in cui tutti i membri credono sentitamente, come testimonia la passione messa nello spettacolo.
* per motivi religiosi desidera che il suo nome non venga menzionato.